Too Cool for Internet Explorer

martedì 27 ottobre 2009

buena suerte

Il primo della nostra cerchia ieri ha finalmente terminato la sua carriera universitaria (a meno di dottorati e robe varie), con un meritatissimo 110 e lode. Ora possiamo dirtelo: non avevamo dubbi fabrì. Probabilmente nessuno di noi ne aveva già dopo 2-3 anni, visto che sfornavi 30 come Valentino Rossi sforna titoli mondiali e come Vasco Rossi sforna cagate estive pazzesche e come Paolo Rossi sforna pieces teatrali notevoli e come l'altro Paolo Rossi sfornava goals a ripetizione ai mondiali dell'82 e come un certo Mario Rossi firma documenti nelle pubblicità di banche e assicurazioni da 30 anni a questa parte.
In più di un'occasione membro acquisito del Via Volponi Building Workshop, abbiamo saggiato da vicino le tue molteplici qualità intellettuali, prima tra tutte la capacità di rispondere al più intricato dei problemi con la più semplice delle risposte (e quasi sempre la motivazione delle tue risposte è la leggendaria "siamo a favore di sicurezza"). Che dire, questa la laurea la sentiamo anche un pò nostra, e non possiamo che unirci all'occasione di gaudio. Complimentoni e buona fortuna per tutto.


P.S. Ovviamente vogliamo ricordare anche il regno assoluto del campione Belluzzi ai campionati mondiali di Tequila. Uno tralaltro è stato validato anche come campionato mondiale di TequilapoivinorossoeinfineancoraTequilaebruschetta. L'immagine scelta per suggellare la tua laurea è questa di conseguenza.
Vi lasciamo così: non necessariamente il più brillante dei nostri compagni universitari è allo stesso tempo un avversario debole e scarsamente competitivo in tutte le competizioni alcoliche a cui si presenta, anzi...eccelle anche lì.

Univpm, sforniamo talenti.

sabato 24 ottobre 2009

cosa ci piace e cosa no

Dopo 3 settimane di Spagna credo che abbiamo maturato una sufficiente credibilità per esprimere un giudizio su questo dannato posto. Essendo 3 settimane mi limito a 3 cose che vanno e 3 che non vanno. Inizierei con il descrivere alcune cose che vanno bene.

Prima fra tutte la lingua. Iniziamo a parlicchiare un idioma decisamente stravagante frutto di 3-4 incroci linguistici. Qui a Valencia non si parla il castigliano come a Madrid e in gran parte della Spagna, ma si parla il valencià. “Embè??Da noi se parla il marchigià!” direte voi. Si, ma la cosa qua è leggermente istituzionalizzata, nel senso che la prima lingua è il valencià, poi viene lo spagnolo. Quindi, per dire, a scuola si parla valencià, i temi si fanno in valencià, la tv e i giornali sono in valencià, i siti web sono in valencià, etc è come se da noi alle elementari si scrivessero temi tipo "ieri nonnu è glitu da francì a taglià dù chili de legne, la cargate su lu furgò e se l'ha portate a casa cuscì stasera ppiccimo lu focu pé scallacce che adesso è friddo".... In più bazzichiamo spesso con degli argentini che parlano uno spagnolo italianizzato con accento sudamericano. In pratica ci ritroviamo a parlare un idioma molto strano: siamo italiani (che pronunciano male anche l’italiano in quanto maceratesi) che cercano di imparare lo spagnolo quando qui si usa praticamente solo il valencià e che prendono lezione da degli argentini che non parlano correttamente né italiano, né spagnolo né valencià. La nostra nuova lingua è esotica e musicale, e poco importa se noi non capiamo un cazzo di quello che ci dicono e gli altri non capiscono una cippa di quello che diciamo noi! Come dice Benigni in amor le parole non contano, conta la musica…..

Altra cosa che decisamente va bene è l’amore sconsiderato che gli indigeni hanno per le salsette, e in particolar modo per la mayonese all’aglio. Signore, la schiaffano ovunque…l’altro giorno abbiamo mangiato in un ristorante con buffet libero, con il chiaro intento di strafogarci, io personalmente ci sono riuscito: pasta fredda alla mayonese, insalata di patate con più mayonese che patate, costelette di maiale inzuppate nel ketchup, una roba indefinita che potremmo ribattezzare “affogato di mayonese”; l’unica dannata pietanza che riesce ancora a resistere all’assalto delle salsette è la paella. Diciamo che la leggerezza non la fa da padrona in tavola qui a valencia, ma una volta un famoso filosofo intitolò un libro l’insostenibile leggerezza dell’essere, e dato che la parola d’ordine nel 2010 in tutto ciò che si fa è diventata sostenibilità, noi non vogliamo iniziare ora ad essere insostenibili.

Un’ultima cosa che decisamente va bene è l’amorevole baccano che producono i simpaticissimi ninos spagnoli. Ovunque vai ti trovi un nino urlante del quale i genitori si infischiano beatamente, e lui prontamente ti si schiaffa tra i maroni e addio noia!! Che bello!! La cosa più bella è che quando qualcuno glielo fa notare rispondono sempre alla stessa maniera: es un nino! Ma li mortacci tua dico io, e la barriera linguistica a quel punto si frappone tra di noi e la conversazione si ferma. Quindi, non abbiate paura di annoiarvi o di ascoltare il silenzio del mondo qui a Valencia, ovunque siate ci sarà sempre uno spaccamaroni tra le balle a ricordarvi che di decibel più se ne hanno nelle orecchie e meglio è.

Passiamo ora alle cose che non vanno niente bene: per primo metterei il luogo in cui passeremo molte delle nostre giornate, il politecnico. Abbiamo aspettato 20 giorni per avere finalmente stampato il carnet dell’università, così che abbiamo avuto tutto il tempo per renderci conto di quanto sia inferiore rispetto alla nostra beneamata univpm.

La casa dello studente con tutti quei giovani sbracati nelle poltrone, a giocare ad uno dei giochi di società disponibile, a biliardino, o peggio ancora a flirtare, a navigare in quel mare di porcherie che è internet…la raderei subito al suolo. E la facoltà di archiettura? Quell’orrenda sala per fare plastici mi disgusta. Non parliamo poi delle strutture sportive (prezzi esorbitanti, 1 e 20 per un ingresso in piscina, ma vi rendete conto??!), ad un giovane studente non servono piscina, campo da calcio, tennis, basket, pista di atletica, etc; ad un giovane studente serve un tavolo, una sedia, una spina per attaccare il fottuto portatile, del cibo a portata di mano, uno specchio per guardarsi e schifarsi e stop. Del parco meglio non parlare, se parlo del fottuto parco che attraversa il politecnico vomito ( questo è un video in cui si pavoneggiano http://www.youtube.com/watch?v=3rEBicDj_bw).

Il clima poi è insopportabile. Mentre scrivo è il 24 ottobre, l’estate dovrebbe essere finita un mese fa, e qua ancora ci tocca andare in giro con la maglia a maniche corte che fanno 25 gradi, mammamia che noia. Tutte quelle maglie pesanti che me le sono portate a fare, solo per rimpinguare le casse di Ryanair quando tornerò in Italia sotto il peso dei miei mille pullover??? Boh, forse sarà per quello che hanno fatto quel parco orrendo totalmente pedonale di 9 km che attraversa la città.

Ne manca ancora una, la più importante: i prezzi. Ragazzi, i prezzi delle cose, specialmente se parliamo di cibo e bevande sono veramente una mannaia sulle testoline in via di spelacchiamento di noi giovani italiani in vacanza-studio. Prendiamo ad esempio una roba che qui non è molto comune, la birra. Ditemi voi come è possibile entrare in un bar nella zona universitaria e dover sborsare la bellezza di 1 euro per avere 3 botellas di cerveza da 20cc. Si si, avete capito bene, è una vergogna pagare 3 euro per avere 1,8 l di birra (in più con la scomodità di doverla bere da 9 bottiglie differenti). Passi davanti a questi bar e vedi tavolini strapieni di bottigliette vuote a cui siedono figli di papà per i quali spendere tutte quelle monetine in cerveza non è difficile come per noi. VERGOGNA. E ripeto, questa è la zona universitaria. Una serata ogni tanto lì ce la possiamo permettere, ma se parliamo dei quartieri centrali allora i prezzi diventano veramente fuori dalla nostra portata…(pensate, si arriva anche a 5 euro per un litro di birra, INCREDIBILE). In Italia una situazione del genere non c’è da almeno 30 anni! Godetevela finché dura!

Beh, spero vi siate fatti un’idea del luogo che la maggior parte di chi legge ha scelto per il uichend fuori porta prenatalizio. Poi chiaro, magari tra un paio di giorni la percezione del luogo sarà cambiata e la penseremo in modo diverso. Vi terremo informati.

P.S. La tesi procede, siamo alla fase di masterplan, come potrete presto vedere…

P.P.S. Abbiamo saputo della storia dell’appelo di marzo anticipato. Solidarietà a tutti.

P.P.S. Mutuiamo una tradizione dell’ELIO Group: abbraccio collettivo.

P.P.P.S. Roberto togli quella mano, maricon!!!

P.P.P.P.S. Anzi no Roby, rimettila….brrrrrrrrrrr.

Ciao cari…

venerdì 16 ottobre 2009

Espana o argentina???

Dopo 12 giorni ininterrotti di estate ieri e oggi il cielo valenciano ci ha riservato nuvole e pioggia. Sembrava che saremmo arrivati a novembre con il termometro fisso sui 30 gradi e invece appena abbiamo comprato due biciclette ha iniziato a piovere (per le foto dei nostri nuovi bolidi aspettiamo una giornata di sole). Allego la vista dalla nostra camera-soggiorno-studio verso la città della scienza, che è proprio dietro la torre che si intravede tra le mega palazzine...

Ieri sera il programma festaiolo valenciano ci ha regalato una vera e propria primizia: il trentottesimo compleanno di un tipo argentino che frequenta la gelateria di Mauro. Partiamo intorno alle sei da casa per raggiungere la periferia della città, e dopo una mezzorotta di autopiste immerse in zone industriali e commerciali arriviamo a destinazione. Ci era stato consigliato di fare un pranzo leggero, visto che Carla (la moglie di Hector, il festeggiato), ci avrebbe presentato una quantità di vivande argentine sufficienti a sfamare 400 cloni di Piter. Un pranzetto costituito da un misero piatto di riso in brodo ci sembra l'ideale per arrivare all'ora di cena senza stramazzare al suolo; ci rendiamo conto di aver sbagliato i nostri calcoli quando fatichiamo a salire le tre rampe di scale che portano all'appartamento. Ma ecco che l'odore di arrosto invade le nostre narici e improvvisamente ritroviamo vigore fino ad arrampicarci alla terza planta come nemmeno reinold messner su uno dei 14 ottomila.
Visto che in fondo si tratta di un blog di architettura si potrebbe dissertare un secondo sull'assurdità della composizione degli appartamenti spangoli ( ambienti in sequenza: entrata, disimpegno con curva a gomito e ingresso a camera matrimoniale, curva a gomito e corridoio con ingresso a una camera singola e un bagno, porta a chiusura del corridoio che si apre in un soggiorno cucina, mah), però sapete com'è, è più interessante parlare del cibo. Dopo una serie di convenevoli che per la metà ci vede ebeti partecipanti incapaci di articolare una frase di senso compiuto, Hector ci presenta due bicchierozzi di vino che danno il via ai festeggiamenti. Il tavolo si riempie di miniportate da aperitivo tipo salamini, patatatine, wurstel immersi in una salsa di non chiara composizione, olive, et cetera...iniziamo a rimpinguarci quando l'odore di arrosto si fa irresistibile. Passano altri interminabili minuti di attesa e infine Carla finalmente porta sul tavolo l'impanada...ve la descrivo così: piccoli fagottini di pastafrolla ripieni di carne macinata (vitello o pollo mi pare) mista a uova, peperoni, curry, pomodoro e non mi ricordo che altro. Se riuscite a non ustionarvi le papille al primo morso sono veramente una goduria per il palato.
Bueno...siamo sazi e un pò brilli, il tavolo è ormai vuoto quando improvvisamente viene nuovamente riempito di impanada e pizza e non so che altro. Ci guardiamo allibiti mentre Carla urla: "Asì se festeja in Argentinaaaaa!!!!!" Tutti mangiano come maiali e noi non ci tiriamo di certo indietro; il cibo è anche un utile diversivo visto che la metà delle cose che i presenti dicono non le capiamo in pieno (non che fossero discorsi profondi, per la maggior parte della serata hanno parlato di Maradona e della nazionale di pallone argentina. Maradona e nazionale, nazionale e Maradona. E poi ancora Maradona. Maradona è meglio e Pelè e così via). A seguire parallelismi tra italiano e spagnolo, e tutti a mostrarci il loro doppio passaporto dovuto ad antenati italiani. Tutti e dico tutti, 7 o 8 gauchi col passaporto italiano e tutti, e dico tutti, che non spiccicano una parola della nostra lingua. Incredibile.
Torniamo a casa con in dote 4 chili di peso in più e un presente di Briza, la figlioletta di Hector e Carla che potete rintracciare facilmente in questa foto (il presente, non Briza):

Sembrava finita e invece facciamo un salto in un pub della zona canovas che il giovedì praticamente regala cerveza. Ci facciamo mezza jarra a testa per la modica cifra di 2,80 euri, quando in italia con lo stesso prezzo ce pigli una 02 e un vaffanculobruttotirchio.

Il post ha preso una piega che non avevo previsto; per parlare di ciccia e cerveza non vi ho detto che la tesi sta andando avanti. Abbiamo completato la fase di analisi e ora siamo a lavoro su una prima ipotesi di masterplan. Inutile che vi metto le immagini dell'analisi, penso che non ve ne frega più di tanto. Inizieremo a pubblicare qualcosa di questa tesi una volta che avremo iniziato a fare un pò di architettura.
Bene, ora vi saluto che devo fare una commissione alle poste, e mi devo sbrigare che poi inizia il nostro programma preferito: letras y cifras, una specie di quiz che è un incrocio da scarabeo e l'allegro matematico, con un campionissimo di nome Gerardo che ogni volta tritura gli avversari. Grande Gerardo. Ah, abbiamo anche individuato qualche ostello, penso che i migliori salvo aggiornamenti siano questi (ve li metto in ordine di mia preferenza):
http://www.likeathome.net/ ottima posizione e prezzo
http://www.nesthostelsvalencia.com/ come sopra ma con camere più grandi, il più economico
http://www.roomsdeluxe.com/ vicino a casa nostra
HASTALOGO!

venerdì 9 ottobre 2009

Primera semana

Abbiamo concluso la nostra prima settimana in terra valenciana, e nonostante qualche problema burocratico di troppo direi che il bilancio è positivo.
Abbiamo ormai una certa familiarità con la nostra nuova abitazione, neanche il transito di signorine in abiti succinti fuori dall'orario lavorativo ci turba più di tanto. Con il passare dei giorni ci stiamo adeguando anche agli orari spagnoli relativi alle cose di tutti i giorni; in linea di massima diciamo che tutto è spostato più avanti di circa un'ora: si pranza intorno alle 14, si cena alle 22 si esce e si rientra un pò più tardi. Enzo in particolare ha fatto sua fin dal primo giorno l'abitutidine spagnola più da matusa: la siesta. Se non fosse per il sole che scotta come se fosse agosto e che batte costantemente sul nostro ambiente di lavoro casalingo, le condizioni per lavorare sarebbero ideali. Comunque, vi allego una foto in cui potete apprezzare la nostra zonagiorno-zonadilavoro-zonanotte, immortalata mentre enzo schiaccia il pisolino pomediriano di cui sopra:

Stiamo girando la città in lungo e in largo a tutte le ore della giornata: la nostra meta preferita è ovviamente il Cabanyal (la zona della tesi), unitamente ai quartieri in cui la vita notturna è mui caliente. Le nostre passeggiate kilometriche, oltre a bruciare le cervezas che ingolliamo, ci sono servite a capire che in 3 mesi non riusciremo a sperimentare neanche la metà dei locali presenti. Canovas, Carmen, la zona universitaria, tutti quartieri con vie piene zeppe di discopub, ristoranti, cervezerie, discoteche e robe de sto tipo.
In questi giorni siamo nel mezzo di un mega ponte, per via di una specie di festa nazionale (ieri sera hanno fatto dei fuochi d'artificio assurdi sui giardini del Turia: un'ora consecutiva de spari de tutti i tipi con particolare predilezione per le scariche che ho ribattezzato sparetefortequantoveparechetantonoantriavalenciasparimopiùforte, durante le quali sti tipi sparavano 15 fuochi d'artificio diversi annessi a fuochini più piccoli decisamente coreografici e a 5 batterie tra le più rumorose che abbia mai sentito. Eravamo vicini al punto in cui sta roba esplodeva, ma durante i momenti di spannung le onde sonore in pratica mi spostavano i capelli - e neanche ce n'ho tanti, quindi la cosa vi dà idea dei decibel che raggiungeva sta casciara).
Raccontare tutto mi porterebbe a scrivere un post lungo come il precedente e Frank ha espressamente richiesto racconti più brevi :D
Concludo con un paio di considerazioni sul quartiere di tesi e una foto emblematica: il Cabanyal è un barrio maritimo (come dicono qua), era l'antico villaggio dei pescatori e anche se ora è inglobato nella città presenta un tessuto urbano e una serie di tipologie archiettoniche uniche. Se fosse conservato in maniera decente sarebbe uno sballo, invece la situazione è radicalmente opposta. Il comune ne vuole spianare metà per arrivare al mare con una mega avenida, cosa che ovviamente non va giù agli abitanti del quartiere e ad ogni essere umano dotato di buon senso. Per farlo sta cercando di cacciare la gente, comprando le singole abitazioni, e per ottenere il proprio scopo non esita a usare metodi biechi: non raccoglie la spazzatura in alcune zone, favorisce l'occupazione delle case abbandonate da parte di gruppi cospicui di jitanos (eh si, il nostro caro Cabanyal è il centro dello spaccio valenciano), demolisce alla prima occasione edifici strategici del barrio. Eccoci quindi a studiare una soluzione alternativa alla riqualificazione del quartiere proposta dal comune, magari evitando di spianare 1500 viviendas dichiarate una decina di anni fa bene di interesse culturale. Per ora il nostro sentimento è riassunto in un murales in cui ci siamo imbattuti durante la nostra prima visita al quartiere (probabilmente non riuscirete a leggere le frasi ma i concetti vi arriveranno chiari lo stesso):

Spero di essere stato sufficientemente esauriente e succinto. Vi terremo informati sugli sviluppi della nostra simpatica tesi, sulle nostre attività turistiche et cetera et cetera. Domani notte finalmente al mercato clandestino nel parcheggio del Mestalla ci muniremo di una fiammante bicicletta;poi girare sarà finalmente più facile e veloce (almeno fino a quando non ce la rubano e la riportano al Mestalla).
Hastalogo cabron, y hasta la vista :D

martedì 6 ottobre 2009

urbisaglia-valencia...

Dopo tante chiacchiere è il giorno della partenza. Arrivo in stazione con un po’ di anticipo, e tanto per non farmi mancare niente decido che 10 euro di sovrapprezzo non sono un buon motivo per non preferire un euro star ad un regionale. Salgo in treno e vengo piacevolmente colpito dalla comodità della postazione, che include anche una presa di corrente per i fanatici di una qualsivoglia diavoleria elettronica.Miei compagni di viaggio fino a Bologna sono un giallo di Stieg Larsson, una bottiglietta d’acqua naturale, e un ipod che seleziona brani casuali perfettamente attinenti al mio stato d’animo.

Il viaggio tuttavia è piacevole, mentre osservo il movimento sinuoso dei cavi della corrente fuori dal finestrino eleggo definitivamente il treno a mio mezzo di locomozione preferito. Arrivo a Bologna con largo anticipo e trascino i chili delle mie due valigie fino alla stazione degli autobus; mi siedo in una panchina, e carico di pregiudizi verso i brutti ceffi che bazzicano la zona mi guardo le spalle come se da un momento all’altro dovessi essere rapinato. Ad ogni arrivo o partenza di un autobus la terra sotto di me trema sensibilmente. Una giovane in attesa dell’autobus per Imola si siede vicino a me; mastica una gomma in maniera plateale, quasi volesse rendere partecipi tutti i presenti del fatto che lei ha un chewingum in bocca e gli altri no. Poco male, l’autobus arriva in stazione poco dopo, e io mi metto in fila con gli altri per poter salire a bordo. Una volta in carrozza faccio amicizia con altre tre persone sedute accanto a me: Geneviève, infermiera di Marsiglia di origini italiane che torna a casa dopo una visita ai parenti; Simone (questo è per te Fabrì), trentacinquenne jesino che dopo 6 anni di Dublino vive da 5 a Montpellier, e Remy, studente Marsigliese con un passato da erasmus in quel di Macerata. Alla prima sosta in autogrill decidiamo di innaffiare la nostra neonata amicizia con un caffè, quando mi accorgo delle difficoltà ortografiche della persona che ha programmato il display.

Alle 6 e mezza di mattina, dopo una discreta dormita e un principio di scoliosi, arrivo a Marsiglia, dove vengo prontamente accolto dalla fidata rappresentantissima e amicissima Silvia. Saluto al volo i miei compagni di viaggio, non prima di aver strappato a Simone la promessa che il prossimo pranzo con i parenti jesini lo viene a fare alle Logge(anche in vacanza penso agli affari…); parto con Silvia e ci facciamo un paio di km a piedi fino a casa sua con 30 chili di roba in spalla, per poi arrivare a casa e sprofondare a letto per una penneca meritatissima.

Appena svegli, intorno a mezzogiorno, usciamo di casa per un primo giro turistico in città. Marsiglia, perlomeno nella sua parte storica, è una città incredibilmente simile ad Ancona. E’ una città di mare, anche se il mare non lo vedi quasi mai, è piena di colline e saliscendi, ed è piegata in un golfo in modo che, proprio come ad Ancona, il sole se ne va a tramontare sul mare. Più giro per le stradine, le scale e le salite che collegano le varie quote, e più realizzo che il paragone regge. Giro tutta la mattina tra quartieri storici e porto antico, fino a pranzare in un ricercatissimo (!) ristorante che sforna cuscus come se piovesse a cifre davvero irrisorie. Dopo pranzo rotta su quello che è l’orgoglio di tutti i marsigliesi: Notre dame de la Garde, santuario piazzato in cima a una collina di 140 m di altitudine che domina la città dall’alto. Grande vista sulla città a 360° dall’esterno (compresa la cité radiouse di Le Corbusier, anche se non riesco a individuare l’unité d’abitation), e grande vista all’interno della chiesa, luminosa e ricca di dettagli e decorazioni, veramente ma veramente bella.

Scendiamo nuovamente in città fino ad arrivare per l’aperitivino nel quartiere degli artisti. Qui veniamo avvicinati da un clochard che ci chiede una sigaretta, prontamente offerta dai miei compagni di bighellonaggio. Il tipo attacca anche discorso, e dopo un breve scambio di convenevoli ritiene che il rapporto sia già sufficientemente intimo da raccontarci i cazzi suoi: su tutti la perla secondo cui poco fa sia tornato da Torino, dove era stato in visita dal sempreverde Roberto Siani. Chi è Roberto Sianiiiiiiiiiiiiii???????!! Non lo conoscete??? Secondo il mio nuovo amico è…udite udite….Gesù in persona. Si, Roberto ha fatto miracoli. No, la chiesa non ne riconosce l’esistenza altrimenti il suo potere sarebbe compromesso. Ok amigo! Alla prima scusa decente ci dileguiamo, leggermente preoccupati dalla piega assurda che sta prendendo la conversazione.

Andiamo a fare spesa per cena in un mercato rionale dove i prezzi sono più che popolari: prendiamo quattro o cinque pesche, banane, zucchine, prezzemolo, insalata, patate, e tre o quattro altre robe, il tutto per la modica cifra di 6 euro. Incredibile. Dopo cena un bicchiere di Calvados fa da sfondo alla conversazione, finché i km percorsi in giornata non iniziano a farsi sentire e ce ne andiamo a dormire. Non male come primo giorno.

L’indomani gitina fuori porta alle calanques, piccole spiaggette circondate da montagne che cadono a ridosso sul mare nella zona est di marsiglia, quella verso la cote d’azur. Paesaggio che mozza il fiato, davvero un gran posto, e acqua cristallina, tanto che decido che è tempo di fare il primo bagno dell’anno (eh no, niente bagno per me nel litorale marchigiano!): l’acqua è semplicemente gelida, ma nuotando senza sosta riesco a non prendere la polmonite. Davvero incredibile che un paesaggio del genere sia a 10 minuti di macchina dal centro di Marsiglia.

Di ritorno ci fermiamo al parco della Pointe Rouge, dove mi diverto per mezzora a guardare giovani scavezzacollo con skateboard e bmx nel grande e colorato skatepark.

Si cena a casa con un’ottima carbonara, e si esce in cerca di un bel concerto, che però non si trova. Birretta in compagnia di qualche buontempone sciovinista, tra i quali segnalo ad futura memoriam la simpatica Amandine, fan come me di Stieg Larsson, con cui mi accapiglio per mezzora a suon di ricette e piatti tipici al fine di dimostrare quale sia il paese con la cucina migliore. Finiamo nelle rispettive posizioni iniziali.

L’ultima giornata francese la passo a Aix-en-Provence, città a mezzora di autobus da Marsiglia, dove ha sede l’università della mia amica, e conosciuta come uno dei poli di maggior interesse per gli studenti della zona. Posto molto figo, città davvero incantevole e più vicina allo stereotipo che un italiano ha in testa riguardo alla tipica città di Provenza. Passo una mezzora in internet nella biblioteca comunale, e impazzisco letteralmente nel chattare con Chiara usando la tastiera francese: diavolo, ogni volta che clicco ciecamente sulla a compare una q, ogni volta che pigio la m ecco comparire una simpatica virgola. Diavolo che nervoso.

Si prosegue poi il giro turistico in puro stile giapponese con il sottoscritto che fotografa qualsiasi cagata si para sul proprio cammino. In molti angoli degli edifici sono incastonate statue di madonne e santi vari, da quello che ho capito memorie dei tempi di peste e malattie varie; non di rado le immagini sacre sono affiancate da moderne insegne pubblicitarie che affermano che si, ok, la fede est bonne mais voilà, nous sommes illuministes, pragmatiques, sciovinistes e via discorrendo.

Infine ritorno a Marseille, non prima di aver visitato gli appartamenti o i luoghi di lavoro di tutti gli amici di Silvia. In uno in particolare sperimento come la lingua sia il più grande strumento di discriminazione esistente: mi ritrovo in compagnia di due simpaticoni che non accolgono il mio appello a parlare un po’ più lentamente e a non mozzare le parole in uno slang a me incomprensibile; risultato: sto seduto per un un’ora su un divano capendo quasi un’emerita cippa di quello che i tipi dicono, totalmente isolato dal mondo che mi circonda. Non esaltante come cosa.

Anyway, dopo essermi sbaciucchiato con 15 persone differenti è ora di tornare a Marseille, dove, dopo aver mangiato in fretta e furia, salgo sull’autobus che con una vera e propria maratona mi porterà fino a Valencia. E’ più o meno mezzanotte.

Arrivo decisamente provato alle 10 della manana successiva a Valencia. Enzo mi accoglie e mi scorta fino a quella che sarà la mia nuova casa per i prossimi mesi. Fa caldissimo, sembra estate, le macchine sfrecciano a tutta velocità e in fondo alla via in cui viviamo si scorge la ciudad de la scienza di quel mattacchione di Calatrava. Una volta sistemate le valigie mi apparto un momento in bagno per un meritato pit stop, e la stanchezza mi costringe a sperimentare subito il rivoluzionario sistema “cagaedormi” brevettato esclusivamente nei cessi valenciani.

Saludos desde Valencia, il blog del VVBW riprende vita dalla trasferta spagnola…